Una notte di guerra

Il 12 giugno 1944 fu una notte di guerra e questo è il suo racconto.

Pubblicato il 25 Settembre 2019

Una banda di partigiani. Un ponte da far saltare in aria. Un tragico incidente, una sfortunata combinazione e un incontro sgradito. Un’imboscata. Uno scontro a fuoco tra tedeschi, partigiani e altri patrioti. Una fuga rocambolesca, degli spari, un’esecuzione. E il ponte ancora in piedi, il mattino del giorno dopo.
Tutto in una notte, quella tra l’11 e il 12 giugno 1944. Una storia cinematografica, non fosse purtroppo tutto vero ciò che avvenne quella notte. Un racconto avvincente, ma denso di lati oscuri e misteri irrisolti. Una storia vera, documentata da testimonianze e atti inediti di un processo svoltosi a Londra al termine della II Guerra mondiale.
Quasi un dramma romantico a soggetto storico, questa tragedia. Vicende che lasciano poco all’immaginazione, nella loro crudezza, che presentano aspetti ancora non del tutto chiari; ma forse tutta la verità su come si svolsero quei fatti non la scopriremo mai.
Il 12 giugno 1944 fu una notte di guerra e questo è il suo racconto.

Ecco, questa è solo una tra le storie che hanno insanguinato quei nove mesi tra l’8 settembre e la Liberazione settempedana del primo luglio 1944. Quando nel 2014 abbiamo pubblicato, io e mio padre Raoul Paciaroni, il poderoso studio Una lunga scia di sangue, sapevamo bene che l’ultima parola su molti di quei fatti non era ancora stata pronunciata. In realtà, chi studia la storia sa che le ultime parole sono merce rara. Anche a voler fare revisionismo – che non esiste come corrente, ogni storico è un revisionista – una soluzione definitiva è dura da raggiungere quando si studiano verità fattuali e si cerca di darne un’interpretazione.

Fuoco e sangue a Sanseverino: 12 giugno 1944, una notte di guerra

Tra le storie di guerra e delle sue vittime nel sanseverinate di quei nove mesi, c’è questa, composta da due episodi collegati ma pieni di buchi, che nonostante le sue almeno sei vittime davamo tuttavia da tempo per archiviata.
C’è un ponte da far saltare tra Sanseverino e Serrapetrona, all’altezza di Colleluce. Un gruppo di partigiani di base tra Chienti e Potenza si reca a minarlo, alcuni ex prigionieri di guerra alleati (Angus Cyril Butler, William Henry Starkey e Archibald Reice Campbell i loro nomi), armati, li proteggono e un posto di blocco a qualche decina di metri assicura che non transiti nessuno. Ecco perché, quando si avvicina un’automobile, superato il posto di blocco deducono siano tedeschi ed eseguono l’ordine di aprire il fuoco. A bordo, però, colpiti dal fuoco amico ci sono altri due partigiani. Ramiro Laureani e Tarcisio Teodori. Come e perché siano finiti in quella camionetta, in quella strada, in quel momento, è il primo dei dubbi ai quali abbiamo provato a rispondere. Perché abbiano superato il posto di blocco e i soldati non siano stati avvisati di non sparare sui loro compagni è un altro dilemma la cui risposta i protagonisti si sono portati nella tomba.

I feriti vengono trasportati all’ospedale di Sanseverino, dove arrivano già morti o in fin di vita. I loro compagni, nel cuore della notte, ripartono per terminare l’opera al ponte di Colleluce, ma il camion su cui viaggiavano resta a secco di carburante a poche centinaia di metri dal centro. Proseguono a piedi, intenzionati a fermare il primo automezzo per chiedere carburante. Il primo automezzo, purtroppo, è un camion tedesco. Una colonna di camion tedeschi in transito per la città, intercettato al piazzale della Stazione. Tra i partigiani di Serrapetrona ci sono due tedeschi passati tra le fila dei patrioti dopo la loro cattura; uno di questi, chiamato Albert, si finge ancora soldato SS e va a chiedere una tanica di nafta ai tedeschi, mentre gli italiani si nascondono tra le case del piazzale.

Succede però l’inatteso. Un’imboscata. Da ogni direzione esplodono spari contro i tedeschi: altri partigiani, ignoti a tutti, hanno scelto proprio il piazzale della Stazione per attaccare i tedeschi in transito. Albert muore colpito da un proiettile. Durante questo assalto, i nostri cercano di fuggire scavalcando una recinzione di un paio di metri ai margini dello spazio in cui si erano nascosti. Ci riescono quasi tutti, tranne due tolentinati (Francesco Saverio Bezzi – un nobile al servizio della causa partigiana, zio dell’attore Francesco Saverio Marconi; la coincidenza dei nomi ovviamente non è una coincidenza – e Vinicio Damiani) e un soldato sudafricano ex prigioniero di guerra di nome Archibald Reice Campbell. Catturati dai tedeschi, i tre vengono fucilati sul posto.

Il mattino dopo i cadaveri sono ancora sul piazzale. Chi fossero gli altri partigiani assalitori non l’ha scoperto mai nessuno, ancora. Il fotografo Remo Scuriatti immortala le salme, e sui loro volti evidenti segni di tortura. Una storia che presenta, a 75 anni esatti di distanza, parecchi lati ancora oscuri. Una storia a tratti scomoda, per certi versi, anche inverosimile per altri, ma che comunque davamo ormai per notoria e agli atti a prendere polvere.

E invece no. Ann Copley, avvocato londinese studiosa di prigionieri di guerra in Italia durante il secondo conflitto mondiale, qualche mese fa si imbatte in un nome di un ex prigioniero di guerra (Prisoner of War, POW) transitato per Sanseverino Marche. Approfondisce l’indagine, chiede informazioni in internet e il motore di ricerca gli restituisce il pdf di un libro pubblicato nel sito di Una lunga scia di sangue. Eh sì, perché questo sudafricano scappato da un campo prigionia nell’entroterra Maceratese e rifugiatosi tra le mie montagne in quei nove mesi di Resistenza è un nome a noi noto.

La Copley mastica un po’ di italiano, capisce lo spessore dello studio, legge i capitoli che riguardano il suo caso e ci contatta. Ci contatta perché ha materiale inedito, riservato, importantissimo, desecretato dagli archivi storici nazionali del Regno Unito. Non è uno scherzo, ci invia il dossier; in alcune pagine c’è ancora il timbro TOP SECRET. La fattispecie è quella dei crimini di guerra. Il suo caso si chiama Archibald Reice Campbell, ex POW finito nel 1943 tra i partigiani di Serrapetrona guidati dal capitano Antonio Claudi e trucidato dai tedeschi nel piazzale della Stazione di Sanseverino una notte del giugno 1944.

Quella notte era il 12 giugno e questa è la sua storia.

archibald reice campbell

Tomba di Archibald Reice Campbell nel cimitero di guerra di Ancona

 

Il libro in questione, lo studio relativo a questi eventi, sarà presentato domenica 13 ottobre 2019, alle 16,30 al teatro Feronia di Sanseverino Marche.
Raoul Paciaroni e Lorenzo Paciaroni, Una notte di guerra. I tragici eventi del 12 giugno 1944 a Sanseverino, UTEAM – Università della Terza Età dell’Alto Maceratese, settembre 2019, 74 pp., b/n, brossura.
Pubblicazione disponibile presso UTEAM – Università della Terza Età dell’Alto Maceratese, via Salimbeni 6 – 62027 San Severino Marche.



Dillo a tutti

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Tanto in merito
  • Maria Chiara Teodori dice:

    Sono una parente di Tarcisio Teodori ho letto il libro ed ho trovato delle tracce poco attendibili con la realtà. Inta to Tarcisio non era un bracciante ma figlio di Nicola possidente del luogo dell’osteria del paese e proprietario terriero.Sua sorella è ancora viva ed ha 95 anni. Buona festa della Resistenza. M. C. Teodori

    • asthorone dice:

      Gent.ma Maria Chiara,
      dai documenti che abbiamo consultato, Teodori Tarcisio, classe 1923, è registrato come “bracciante” nel Ruolo matricolare del Distretto Militare di Macerata (vol. 513, matricola 18261) dove è annotato il suo curriculum militare. Ovviamente, non conoscendolo di persona, ci siamo affidati alle carte.
      Ora e sempre Resistenza.

  • Rispondi a asthorone






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