Una lunga scia di sangue

Una lettura storica definitiva delle vicende, dei caduti e della Resistenza a Sanseverino, dall'8 settembre al primo luglio 1944, a settant’anni dalla Liberazione della Città.

Pubblicato il 13 Giugno 2014

Raoul Paciaroni, Una lunga scia di sangue

Raoul Paciaroni, Una lunga scia di sangue

Una lunga scia di sangue. La guerra e le sue vittime nel Sanseverinate (1943-1944)” è l’ultimo studio storico di Raoul Paciaroni, che sarà presentato con il patrocinio del Comune di San Severino Marche sabato 21 giugno alle ore 18 all’ex Cinema Italia, a Sanseverino Marche (MC).
Pochi di quelli che i mesi dell’inverno a cavallo tra il 1943 e il 1944 li vissero sulla propria pelle possono, oggi, ancora raccontarli. A Sanseverino, ormai, scomparso Bruno Taborro, non è rimasto nessuno. “Una lunga scia di sangue” è quindi sì un libro, sì un’importante studio scientifico, ma anche e soprattutto un’operazione per mettere in salvo la memoria, un tributo a quanti hanno perso la vita nel difendere o rincorrere un’idea, un punto fermo nella storia che divide un prima da un dopo nella ricostruzione di anni difficili.

La storia della Resistenza nel sanseverinate è stata scritta anni fa. Appunto, già scritta, ma tra il ’45 e gli anni Ottanta, a ricordi spesso troppo recenti – vale a dire con le ferite della guerra civile ancora vive – e perlopiù ricostruendo a partire da testimonianze orali. Il che ha alimentato una spirale di inesattezze purtroppo diventate fonte primaria nei testi di storici troppe volte estranei a luoghi e vicende trattati.
Questo libro fornisce finalmente una lettura storica definitiva delle vicende, dei caduti e della Resistenza a Sanseverino, dall’8 Settembre al primo Luglio 1944, a settant’anni dalla Liberazione della città.

raoul paciaroni, una lunga scia di sangue

Raoul Paciaroni, Una lunga scia di sangue. Prodotto finito

L’autore, partito con l’intento di approfondire l’eccidio di Valdiola, transitato per la raccolta e lo sviluppo di informazioni e testimonianze storiche sui tanti morti di quegli scontri in uno studio accuratamente – e scientificamente, con basi archivistiche a confermare o smentire i ricordi per forza di cose mobili dei protagonisti – documentato, è arrivato a riscrivere la storia delle Resistenza nel territorio con dovizia di particolari e un apparato bibliografico che mette una volta per tutte fine a errori storici che si perpetrano da decenni.
Documenti inediti o integralmente riportati per il loro interesse – tra cui decine di testimonianze del comandante Mario Depangher, dalle principali battaglie alla vita quotidiana nelle fila della guerriglia del I Battaglione Mario – materiale iconografico mai pubblicato ed eventi storici correlati di importanza perfino nazionale, in quei mesi che bagnarono col sangue di slavi e russi, tedeschi e inglesi, africani e marchigiani terre dove non ci si aspettava la guerra potesse portare i suoi effetti più disumani. Un tributo non di parte a entrambe le parti.

Qua sotto l’introduzione al lavoro firmata da Cesare Martini, Sindaco settempedano. Ogni altra informazione sul libro – oltre cinque anni di lavoro di ricerca e parecchi mesi di lavoro, anche mio, per dargli una forma – è online all’indirizzo www.unalungasciadisangue.it.

Questo è uno studio scientifico. Quindi non è una memoria partigiana di ispirazione antifascista e non è un’opera revisionista che rilegge gli eventi della Resistenza in chiave di guerra civile troppi anni dopo. “Una lunga scia di sangue” è il frutto di oltre un lustro di ricerche storiche che, quando fondate su documenti come in questo caso, non hanno colore politico né interessi di parte da difendere.
Qui si parla di caduti, si celebrano le loro imprese e si commemorano le loro morti. Il sangue diventa l’unico denominatore comune di esistenze più o meno giovani stroncate in quei nove mesi di guerra. Partigiani, italiani, slavi, africani, militi della G.N.R., soldati sbandati, spie, fascisti, civili innocenti, tedeschi, alleati, donne e bambini, uniti nel loro comparire in queste pagine solo dalla morte che hanno condiviso dall’8 settembre 1943 al primo luglio 1944, giorno delle Liberazione, e purtroppo anche oltre, in mesi se non anni successivi dove gli “effetti collaterali” della guerra finita lasciarono sul campo tanto altro sangue.
Si sono contati più di cento morti in quei nove mesi nel sanseverinate. Vincitori e vinti, fascisti e patrioti, civili e militari. Questo studio non riscrive la storia della Resistenza nel sanseverinate, che è stata già scritta non da oggi da rispettabili studiosi. Tuttavia, in questo saggio emergono nuovi fatti, figure mai indagate e molti eventi sono stati arricchiti da documenti inediti, precisazioni e testimonianze orali e scritte raccolte in maniera scientifica per metterle in salvo prima che l’oblio finisca per ingoiarne, per sempre, la memoria.
Sono passati settant’anni da quel primo luglio 1944. Molti dei testimoni e dei protagonisti di quel giorno in cui i Partigiani entrarono in una piazza finalmente libera ci hanno lasciato, il che rende ancora più importante il compito dello storico di fissare con lo scritto le testimonianze orali, di raccontare gli eventi nella loro verità oggettiva, di tramandare quelle dolorose pagine di storia così recente e, paradossalmente, ancora così oscura. Diventa quasi una missione mantenere viva la memoria, affinché i caduti in quei mesi terribili – e con loro gli ideali per i quali hanno dato la vita – non siano uccisi una seconda volta dalle polveri del tempo.
La memoria, appunto. La storia della Resistenza settempedana è stata scritta quando andava fatto, nell’immediato dopoguerra, ma le ferite ancora non avevano cicatrizzato, gli eventi erano troppo recenti, le emozioni ancora vive, i ricordi attraversati e mediati dalle difficili situazioni provate sulla propria pelle pochi mesi prima. La guerra non si poteva definire una tragedia passata, era, piuttosto, da un lato una minaccia che i più vedevano ancora alle porte, dall’altro un’esperienza che andava esorcizzata prima possibile. Vizi dettati da queste necessità – come da pregiudizi, ideologie, storie personali e movimenti politici, scarsa documentazione e limitata diffusione delle informazioni se ragioniamo con gli standard odierni – hanno fatto sì che la cronistoria di quei mesi sia stata tramandata da combattenti o testimoni o militanti o studiosi di una generazione ancora troppo coinvolta. Non sarebbe potuto essere altrimenti e nessuno avrebbe preteso diversamente.
Oggi abbiamo la maturità storica per sorpassare letture politicamente belligeranti degli eventi e la coscienza politica per raccontare la storia senza secondi fini. Raoul Paciaroni è uno storico e fa parlare i documenti. Da questo studio si delineano le personalità e le azioni dei protagonisti della Resistenza, si chiariscono e si completano vicende che hanno segnato per sempre la storia della città, si svelano i lati umani dei combattenti nella disumanità di una guerra fratricida che seminò odi dai quali, settant’anni dopo, forse non ci siamo ancora del tutto liberati.
Ma si può e si deve leggere in quest’opera – per molti aspetti definitiva, data la mole di ricerca archivistica che ha alle spalle – anche un insegnamento: sono gli esempi che cambiano le cose. Nelle pagine che seguono si incontreranno giovani vite interrotte dalle armi nemiche, si conosceranno eroi immolatisi per un’ideale, si attraverseranno mesi disperati di un inverno lungo e freddo bagnato dal sangue di combattenti rappresentanti troppe bandiere ma, sempre, dello stesso colore. Sangue di una generazione che ha lottato per un’idea e questa idea, questa idea di libertà, è sopravvissuta.
Ora è nostro compito tramandarla. Ora è nostro dovere difenderla.

Cesare Martini
Sindaco di San Severino Marche



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