Settant’anni fa

Il 24 Marzo 1944 la prima battaglia di Valdiola

Pubblicato il 24 Marzo 2014

Settant’anni fa era il 24 Marzo 1944. Settant’anni fa, nel rastrellamento che sfociò in quella che prese poi il nome di prima battaglia di Valdiola, i caduti, da entrambi i fronti, attraversarono le montagne tra le vallate dell’Esino, del Potenza e del Musone, da Braccano a Chigiano, da Valdiola a Ugliano. I tedeschi sapevano che non avrebbero mai vinto senza annientare le sacche di resistenza che numerose punteggiavano l’appennino umbro-marchigiano: misero in atto un piano operativo programmato direttamente dal quartier generale tedesco in Italia, un’unica operazione militare condotta con truppe addestrate e preparata con cura. Una forza tattica di circa duemila uomini autotrasportati, armati di mortai leggeri e pesanti, mitragliatrici, lanciafiamme e radio ricetrasmittenti. Nella repressione furono impiegati reparti del reggimento «Brandemburg», che costituiva parte di una divisione speciale alla quale erano assegnati compiti di sabotaggio e di controguerriglia, e militi fascisti del battaglione M «IX Settembre» che dipendeva dall’unità tedesca e operava nelle Marche per la prima volta.

valdiola

Vista sulla vallata di Valdiola dal monte Argentaro

Mario Depangher – istriano comandante del battaglione Mario, parte della V Brigata Garibaldi – ed i suoi uomini sopportarono il peso dei combattimenti contenendo la violenta pressione avversaria, per capovolgere nel corso di una magistrale azione di difesa e di attacco una situazione precaria se non addirittura disperata. In alcuni appunti manoscritti conservati nell’archivio dell’Anpi di Sanseverino Marche, che sembrano di mano del Depangher, si legge questa descrizione dell’operazione:

24 Marzo. Attaccati da ingenti forze nazifasciste. L’attacco preordinato da ufficiali tedeschi di Stato Maggiore, consigliati e guidati da elementi [locali] si sviluppa sulle seguenti direttrici. Tedeschi da Matelica su Braccano, su Vinano, su Gagliole; da Castelraimondo su Gagliole, su Accusi. Fascisti alle spalle, da Ugliano, Chigiano, S. Elena, Corsciano. Tentativo di accerchiamento del Battaglione che era dislocato col grosso a Valdiola, distaccamento a Roti, due vedette sopra S. Elena e Ugliano. L’attacco si inizia alle 2 del mattino. I tedeschi alle 6 occupano Roti posizione chiave del Battaglione, per grave negligenza del comandante distaccato di modo che il grosso che si trova nella valle di Valdiola è in pericolo di essere accerchiato e annientato. Di fronte a questa situazione il comandante decide che la sola difesa possibile sta nell’attacco. Dispone gli uomini per il contrattacco e sviluppa l’azione di fuoco su tutte le direttive d’attacco del nemico. Il contrattacco si inizia alle 8 e dura a diversi intervalli fino alle 17. Dopo il tramonto tedeschi e fascisti si ritirano e il Battaglione ripartito in vari gruppi si snoda in varie direzioni: Elcito, Frontale, Stigliano, S. Elena, Seripola, ecc. Il giorno appresso all’appello fatto a mezzo staffette risultano mancanti 5 morti in battaglia, 6 prigionieri i quali sul ponte di Chiggiano [sono stati uccisi].

Un quadro più completo dello svolgimento della battaglia di Valdiola viene offerto sempre da Mario Depangher nella relazione sulle attività del suo gruppo:

Ma in Marzo, la notte stessa, si verifica il primo lancio di rifornimenti, e precisamente il 24, e siamo informati, purtroppo con inspiegabile ritardo, che dovremo subire un forte attacco. E questo si snoda quasi all’improvviso, quando gli uomini migliori ed i comandanti più in gamba sono appena rientrati stanchissimi per la lunga marcia, carichi dell’importante rifornimento lanciato via aerea. Non è, lo si sente subito, uno dei soliti attacchi, molto baccano per nulla; è invece un vero attacco di marca tedesca che deve essere stato studiato ed attuato nei minimi particolari; fra l’altro gli uomini rientrati dalla corvée dei rifornimenti per via aerea, riferiscono di aver notato frecce rosse segnate sui muri e su piante, che il giorno prima non c’erano. Evidentemente sono segnali di direttive di marcia, tracciati da spie al servizio dei tedeschi. Staffette sono avviate a portare l’allarme ai piccoli posti, questi sono rinforzati… se tutto andrà bene, è difficile che riescano a spuntarla. Le prime notizie delle vedette avanzate sono preoccupanti, si tratta di un attacco in forza di SS tedesche e di MM italiani; hanno mortai, mitragliatrici pesanti e leggere, pare siano complessivamente circa 2.000. La banda è di 200 uomini in tutto e purtroppo ci sono giovani del 24 e del 25 che non hanno pratica di guerriglia e che non sono istruiti alla perfezione; ne ordino il ritiro, tenendoli in riserva, lontani dal fuoco, ma non si fa in tempo ad avvertirli tutti. Alle due di notte ha inizio l’attacco ed è chiaro fin dalla prima battuta che il nemico è ben informato e si muove guidato da uomini praticissimi dei posti. Molteplici le direttive di marcia dei nazi-fascisti; le SS tedesche partite da Matelica, puntano su Braccano, Vinano, Gagliole, quelle partite da Castelraimondo si dirigono su Gagliole Acquosi. I fascisti invece muovono all’attacco su Ugliano, Chigiano, S. Elena, Corsciano. Il Battaglione occupa Valdiola con forti distaccamenti a Roti, sulle alture dominanti S. Elena e sul monte di Ugliano. L’azione condotta in grande stile tende evidentemente all’accerchiamento di Valdiola; ma le nostre posizioni, se gli uomini tengono duro, possono resistere ad oltranza, purtroppo dopo alcune ore di combattimento quella che era la più sicura, Roti, pare si sgretoli; mando subito un valorosissimo, il cap. Valerio con alcuni uomini, ma raggiunta la posizione mentre tenta di riorganizzare gli uomini, cade colpito a morte e verso le ore sei i tedeschi occupano Roti che si riteneva assolutamente imprendibile: si verrà poi ad accertare una negligenza del comandante del gruppo. Con la presa di Roti la situazione del Battaglione si può fare critica, si corre serio pericolo di essere accerchiati ed annientati. D’accordo con i capi-gruppo ed avvertito che le bande viciniori si muovono per portarci rinforzo, ordino di partire energicamente al contrattacco su tutti i settori, abbandonando Valdiola e ritirando i distaccamenti sui monti circostanti: si deve, saggiando con violente azioni di fuoco delle armi automatiche pesanti e con improvvisi attacchi ravvicinati con bombe a mano e mitra, accertare il punto più debole del nemico e tentarne lo scardinamento, avvisando a mezzo staffetta le bande che vengono in aiuto, perché dall’esterno convergano i loro sforzi sul punto stesso. Il contrattacco ha inizio verso le ore 8 del mattino e si sviluppa con ininterrotta azione di fuoco fino alle 17: tutti gli uomini del Battaglione sono impegnati e tutti i partigiani compiono, con piena consapevolezza della situazione, bravamente il loro dovere. Dalle nostre posizioni dominanti e con gli attacchi improvvisi a distanza ravvicinata infiggiamo gravi perdite al nemico che, alle 17 circa, desiste dall’impresa e si ritira mentre il Battaglione, ripartito in piccole squadre, aveva già iniziato lo sganciamento ripartendosi in varie direzioni: Elcito, Frontale, Stigliano, S. Elena, Martinelli, Serripola. Il giorno successivo, 25 marzo, procedo a mezzo di staffette all’appello del Battaglione: 11 mancanti, cinque morti in combattimento e 6 caduti prigionieri e barbaramente soppressi sul ponte di Chigiano, dall’alto del quale gettati ancora agonizzanti nel sottostante torrente Musone. Ma oltre i morti del Battaglione, i nazi-fascisti hanno voluto altre vittime ed hanno giustiziato il parroco di Braccano, la sorella e tre contadini: uno di Braccano e due di Valdiola. Per di più hanno dato alle fiamme 4 case a Valdiola, nei pressi di una delle quali avevamo dovuto lasciare parte del materiale lanciatoci nella notte precedente dall’aereo alleato, e 3 a Roti. Le perdite inflitte al nemico sono di oltre 100 uomini: 32 morti, tra i quali il comandante della spedizione.

I nomi di Don Enrico Pocognoni e Salvatore Valerio, il recupero delle armi del lancio alleato, la caduta di Roti e le vittime civili, la perdita di Valdiola e l’arrivo dei rinforzi, i martiri del ponte di Chigiano e l’eccidio di Braccano, i partigiani traditori alla guida delle squadre nazifasciste, la rappresaglia dei ribelli la notte seguente in città, l’arrivo tardivo e deleterio dei bombardamenti alleati, la scia di sangue che fino a luglio non troverà fine, sono elementi di una storia locale che è stata già scritta anni fa e che nel 2014 incontra diversi anniversari. Il principale il prossimo primo luglio, a settant’anni dalla Liberazione di Sanseverino.
Appunto, storia già scritta, ma tra il ’45 e gli anni Ottanta, a ricordi spesso troppo recenti – e ferite ancora vive – e perlopiù con testimonianze orali. Il che ha alimentato una spirale di inesattezze purtroppo fattasi fonte primaria nei testi di storici troppe volte estranei a luoghi e vicende trattati. Una sintesi della Resistenza armata nel sanseverinate (1943-1944) è disponibile qui, con la bibliografia minima per farsi un’idea. Per chi invece non si accontenta della superficie, una pubblicazione scientifica organica su quei nove mesi terribili è in corso di stampa, con uscita e presentazione previste per il settantesimo della liberazione settempedana: autore lo storico sanseverinate Raoul Paciaroni, partito con l’intento di approfondire l’eccidio di Valdiola – altra ricorrenza, la cosiddetta seconda battaglia di Valdiola, che cadrà il 26 aprile -, transitato per la raccolta e lo sviluppo di informazioni e testimonianze storiche sui tanti morti di quegli scontri in uno studio accuratamente documentato, arrivato a riscrivere la storia delle Resistenza nel territorio con dovizia di particolari e un apparato bibliografico che mette finalmente fine a errori storici che si perpetrano da decenni. Documenti inediti o integralmente riportati per il loro interesse – tra cui decine di testimonianze del comandante Mario Depangher come le due di cui sopra sulla battaglia di Valdiola – materiale iconografico mai pubblicato ed eventi storici correlati di importanza perfino nazionale, in quei mesi terribili che dall’8 Settembre al primo luglio bagnarono di sangue di slavi e tedeschi e africani e marchigiani terre dove non ci aspettava la guerra potesse portare i suoi effetti più disumani. Un tributo non di parte a entrambe le parti. Tutte le info sul sito del libro: unalungasciadisangue.it



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