Quanto abbiamo rovinato Internet semplicemente impugnandolo senza la maturità per farlo e quanto dallo stigma per il web metta al riparo una manciata scarna di servizi – che pur non cambiandomela, hanno reso la mia e tante altre vite appena meno misere – l’ho reso noto qualche mese fa. Parlavo allora avendo google streetview come strumento di rivalutazione in senso positivo e oggi confermo quell’opinione.
Quello che non avevo calcolato, nell’esplorare ramingo il più o meno remoto mondo emerso catturato dalle google cars, era la dipendenza da quel vagabondaggio virtuale: se fino ad allora l’avevo tenuta a freno unicamente grazie alla bassa frequenza con cui accedevo a streetview – e solo per ragioni precise; me lo sentivo che era pericoloso l’abuso -, dopo la scientificità con cui ho regolato il lancio di Pegman per raccogliere il materiale per Evasione con StreetView do ufficialmente il benvenuto alla scimmia.
Quindi la seconda parte. La metodologia la stessa di Novembre, ossia la selezione per metà emotiva e per metà bibliografica, ora ricreativa ora documentaristica ora puramente casuale, di luoghi battuti, immaginati (è ricorrente la domanda se provava quello che proviamo noi, al fruire coi cinque sensi quello che i terminali ti restituiscono monosensorialmente, chi allora quest’esperienza la faceva senza web), coinvolgenti, catturati, ricordati, studiati, raccontati, rubati.
O semplicemente capitati tra me e le mie dita per chissà quale volontà del destino, per un’evasione di pochi minuti mai così a portata di mano quanto mai così inafferrabile, ora che con due click sei ovunque possa dimenticarti dove tu sia veramente.