Creta. Un assaggio di Grecia che non è Grecia

Andavo alla ricerca della Grecia ma ho scelto un'isola. Creta. Un'immersione nelle origini della cultura occidentale per scoprire che le macerie dell'austerity sono più a casa nostra. E non solo dell'austerity.

Pubblicato il 7 Ottobre 2019

Sulla Grecia ci avevo messo gli occhi anni fa, quando ce li mise tutta Europa, con speranza o preoccupazione. Quando vidi sventolare, nel 2015, nella piazza di Atene, le bandiere di Rifondazione in festa per quello che in Italia non si festeggia più dagli anni Ottanta, ho capito che la strada della Grecia era segnata. Ho sentito il gelido tocco della morte che troppe volte ci ha già schiaffeggiato, a noi residuati bellici del Partito.
Da allora ho aspettato l’occasione e il tempo per mettere piede nel giardino del vicino cui dobbiamo tanto, e non solo noi di formazione umanista, se non altro per piangere sulle macerie e di macerie ne so qualcosa. Ma forse ho aspettato troppo, o forse le macerie stanno più ai miei piedi che altrove, sia quelle fisiche che quelle simboliche, e guardare lontano non cancella il disastro che calpesto ogni giorno.

Pretendere di conoscere la Grecia a partire dal l’isola più grande è un po’ come aspettarsi di capire l’Italia conoscendo solo la Sicilia. Che, per inciso, è molto meglio dell’Italia per un sacco di punti di vista. Ma l’idea che mi sono fatto dopo aver visto Creta – dove del tradimento annunciato di Syryza, e delle sue conseguenze, non ho trovato traccia – la più grande tra le isole greche, è che non rappresenti la Grecia, per niente, o almeno quella Grecia che negli ultimi anni hanno fatto arrivare nei nostri terminali d’oltre Adriatico. Poi, se in Grecia continentale riuscirò prima o poi a camminare, ignorando magari la corposa bibliografia con la quale mi ero inutilmente preparato anche solo per Creta, ne riparleremo.

Dall’addormentato aeroporto di Fiumicino – è incantevole il Leonardo Da Vinci quando ci sono solo gli addetti alle pulizie e tre banchi lowcost aperti di accettazione – il sole sorge col mio aereo che atterra quasi sul mare a Heraklion. Puzza di petrolio e salsedine. Uno scalo minuscolo per una città grande – la quinta della Grecia – con voli, a quest’ora, in arrivo solo da Roma, Atene, Rostov. Rostov On Don. Non lo so perché, ma mi colpisce questo volo.
Da qui, un delizioso settembre rubato all’estate, una serie di giri turistici da vero turista, quelli consigliati da Tripadvisor e da un paio di guide turistiche e dai commenti di chi ha fatto questo giro prima di me; i tempi e le condizioni in cui cercavamo avventure nei viaggi sono finiti. Oggi siamo turisti, se torneremo viaggiatori non lo so e mi dispiace, ma tant’è.

La costa occidentale. Falassarna, Balos, Elafonissi

Nella traversata fino alla costa occidentale murales comunisti del KKE – che si legge kappa kappa epsilon, ho imparato ai congressi di un partito che mi è caro dove i rappresentanti comunisti grechi intervenivano come gemellati – echi di Sicilia, Malta, Albania. Non ti stanca mai il Mediterraneo, ma alla lunga non ti lascia nemmeno più quel sapore in bocca delle prime volte. Ginestre e rosmarino, ulivi e oleandri, querce e carrubi. A Kissamos i ferri del cemento armato a vista per l’eventuale secondo piano, Lada Niva e Audi 80 parcheggiate sul bagnasciuga, non un passeggino in giro – né, a dirla tutta, un essere umano prima delle 20 -, caffè più caro che a Civitanova.
Un disagio dall’aspetto familiare, affascinante, che mi tranquillizza e mi coccola.

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Creta, Kissamos

Una palette colori opaca ma avvolgente a Falassarna. Sabbia rosa, vista ampia; un senso di pace. La sfida di imparare il greco in tre giorni, o almeno a leggere il suo alfabeto senza ripeterlo dall’alfa all’omega per ogni lettera incontrata. Gatti elegantissimi e adolescenti su biciclette in pinna perenne.

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Creta, Falassarna

Alba sul Mediterraneo, direzione Laguna di Balos. Doveste capitarci, lasciate perdere i forum e i barconi: svegliatevi a notte fonda e salite in macchina. Schivate capre e buche. La strada non è così inagibile, perlomeno per me che vivo in montagna (qua ho affrontato, sugli Appennini, molto molto di peggio) e la discesa a piedi l’ha fatta e risalita mio figlio di tre anni. Mi preoccuperei più dello stile di vita di chi lamenta la sua inaffrontabilità, piuttosto che di questa scalinata nemmeno troppo ripida scavata nella roccia.

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Creta, Balos

Il sole sorge tra capre e scogliere a picco, una palla infuocata sopra la baia di Kissamos da uno sterrato che ti costringe a godertela, quest’alba. Il vento scaglia granelli pesanti di sabbia contro le gambe. Italiani a perdita d’occhio, li riconosci dall’abbronzatura perfetta, dalle pose ridicole nei selfie, dalle chiappe sode nei costumi minuscoli griffati, dall’attrezzatura Decathlon. Falchi in picchiata sul blu profondo del greco mar.

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Creta, laguna di Balos

In viaggio verso Elafonissi lo spettacolo dell’entroterra rigoglioso. Vecchiette vestite a lutto pregano e incensano le ceneri dei cari nelle casette votive. Taverne che sono i piani terra delle case aperti al pubblico, con proprietarie ultraottantenni che parlano tre lingue mentre ti preparano il caffè turco.
Non sanno sfruttare il turismo, da queste parti; imparassero dalla Sardegna, il cui mare a questo non ha nulla da invidiare ma mi avessero detto che qua non esistono parcheggi a pagamento in spiaggia e che in spiaggia c’è tanto spazio per tutti – e siamo tanti – e la vita costa meno che tra le mie montagne non avrei buttato centinaia di euro in quell’isola di cui, qualità del mare a parte, serbo un bel ricordo solo di Nuoro e nessuno va in Sardegna per Nuoro.
Gli ulivi sembrano querce, le querce sembrano magnolie, i ginepri sono enormi. Una cura della spiaggia pubblica che non ti aspetti, dopo che la Grecia ce l’hanno descritta menefreghista lassista fannullona disorganizzata sprecona: dipendenti pubblici cambiano i sacchi della spazzatura ogni tre ore, puliscono la spiaggia continuamente e mantengono un decoro invidiabile da un italiano.

Le città, le capitali. Chania e Heraklion

Chania, la capitale vecchia, puzza di fogna. Ogni spostamento è un po’ un abbandono, quando metti radici, anche piccole piccole, in un villaggio e le strappi poi per portarle in un centro. Il degrado lo vedi in città tra i cantieri e i motopicchi, nelle periferie, tra gli ultimi e gli hotel circondati da breccia e robinie. Le guardie svitano le targhe delle auto in sosta vietata. Imparo a leggere, piano piano, e ritrovo il mio dialetto nei luoghi più impensabili; biricoculi e purtogalli. Credevo di riscoprire un sorso di Albania nel raki greco ma, in confronto al Paese delle Aquile, questo è estathe.
Eppure qua c’è una calca assurda, una folla di turisti inspiegabile in un vialone che sembra il corso di una città qualsiasi europea di quelle che potrebbero metterti lì in mezzo e non sapresti mai dove sei, se a Istanbul o Roma o Lubiana.

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Creta, Cnosso

Tutto pensi guardandoti in giro tranne che la Grecia ha vissuto e sta vivendo la più grave crisi economica d’Europa. Da qua ho visto un cazzo di questa crisi, dell’attacco ai lavoratori di Tsipras, dei tagli alle pensioni e alla sanità e al welfare, delle massicce privatizzazioni, del crollo dei salari e della contrazione della previdenza, del patrimonio pubblico svenduto a grandi capitali multinazionali, dell’aumento della denutrizione e della mortalità infantile, della Grecia di Tsipras che oggi è paese più militarista e filo-USA della regione balcanica, di un governo che è stato il fedele esecutore delle politiche di austerità volute dalla troika. Che ha tradito il suo popolo.
Ecco, questo un po’ cercavo negli occhi dei vecchi seduti di fronte alle loro botteghe vuote, o nei toni di quelli ai tavoli delle taverne, ma ho trovato solo turisti e un’atmosfera a tratti troppo preconfezionata che mi ha lasciato attonito e allora me ne resto sciocco con la mia superficialità e ignoranza e qualche domanda sullo scostamento tra paese percepito e paese reale che troppe volte il giorno dopo tutte le elezioni che ho perso – quindi tutte le elezioni e basta – mi sono ritrovato a pormi mio malgrado.

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Creta, Heraklion

Heraklion è quello che ti aspetti da una città. Da un capoluogo. Traffico clacson zanzare puzza rom davanti alle chiese coprifuoco. Logge veneziane e icone bizantine. Il KKE a ogni palo invita a feste, non a manifestazioni. Eppure, nel suo essere quello che è, Heraklion non si atteggia a nient’altro che a se stessa, reale, genuina. Autentica.
Un cielo mattutino limpido e blu profondo sull’isola ci saluta. Il toro di Cnosso l’ultima immagine. All’aeroporto di Atene i libri sono legati alle poltrone delle sale d’attesa; è sempre la culla della nostra cultura.

Assaporare la Grecia così lascia in bocca un senso di occasione persa. Cercavo austerity e ho trovato bellezza. Un sapore che scompare veloce: a volte può essere meglio un bel ricordo, anche se parziale, di una bruta verità. Limita i danni. Mi sono fatto morbido negli anni.



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